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Carne di donna, quando l’onore uccide 

Oggi ci risvegliamo indignati, anzi disgustati di fronte ad un padre che ha strangolato la propria figlia in nome dell’onore violato. Con sgomento e occhi colmi di rabbia pretendiamo giustizia per quanto accaduto a Saman, condannando con fermezza una cultura che ci appare atavicamente primitiva e barbara. Spetterà alle autorità pakistane, paese in cui nel 2016 é stato definitivamente abolito il delitto d’onore, con un sussulto di coscienza consegnare il padre di Saman alla giustizia. Circa 1100 donne ogni anno sono vittime di femminicidio in Pakistan, e nonostante alcuni miglioramenti rispetto al passato, le discriminazioni di genere rappresentano ancora una problematica accesa all’interno del tessuto sociale pakistano.

La memoria ci impone però alcune riflessioni visto che fino al 1981 in Italia secondo l’art. 587 del codice penale, chiunque uccidesse la moglie, la figlia o la sorella al fine di difendere “l’onor suo o della famiglia”, era tutelato dal così detto “delitto d’onore”. Tale articolo prevedeva che l’imputato potesse godere dell’attenuante volta a tutelarne l’onore, scongiurando la condanna per omicidio e riducendo la pena a circa tre anni di carcere, che erano anche quelli previsti per il reato di furto. Estremizzando il concetto, all’uccisione di una donna era attrribuita una punizione identica al furto di una gallina e due sacchi di patate.

La cultura fallocentrica non si limitava certo al femminicidio, l’art. 544 del codice di procedura penale legalizzava velatamente lo strupro, comportando per  la vittima di violenza sessuale una duplice sofferenza. La suddetta norma prevedeva infatti che a seguito di uno stupro perpetrato ai danni di una donna, il reo potesse evitare condanna e carcere semplicemente sposando la propria vittima. In seguito al “matrimonio riparatore” venivano annullate anche eventuali condanne già emesse nei confronti dello stupratore. 

Va da sé che in nome di questa norma si diffuse la pratica di rapire delle giovani malcapitate, che in seguito al sequestro e allo stupro subito, venivano costrette dalle proprie famiglie a sposare il proprio aguzzino in nome dell’onore da salvare. La prima donna in Italia a rifiutareil matrimonio riparatore fu Franca Viola la giovane alcamese fu vittima di un rapimento e subì otto giorni di violenze sessuali da parte dell’ex fidanzato il mafioso Filippo Melodia. Coraggiosamente decise con l’aiuto del padre di ribellarsi a quella pratica che l’avrebbe voluta sposa del proprio aguzzino. Così nel 1966 Melodia fu condannato in via definitiva a 10 anni di carcere per reato “contro la morale”, questo perchè lo stupro verrà considerato “reato contro la persona” solo a partire dal 1996 e quindi solo in quell’anno le donne acquisiranno il diritto a non essere stuprate.  Quale onore potrà mai portare con se uno strupro ci chiederemmo oggi.

Le donne italiane dovranno attendere il 1981 per vedere i primi segnali di civilizzazione, anno in cui Angela Maria Alberti deputata del Partito Comunista, in qualità di prima relatrice della legge 442 portò la questione all’attenzione del Parlamento. L’approvazione della legge arrivò con il supporto della Democrazia Cristiana e riportava un singolo rigo: “gli articoli 544, 587 e 592 del codice penale sono abrogati”.

Purtroppo nonostante siano trascorsi decenni, secondo l’Istat negli ultimi cinque anni sono state uccise in media 100 donne ogni anno e circa 950 sono state vittime di violenza sessuale. Preoccupante anche l’aumento dei reati spia come lo stalking, con una media nazionale di 29 casi ogni 100.000 abitanti, con una preoccupante maglia nera per la Sicilia che conta quasi 50 casi di stalking ogni 100.000 abitanti. Troviamo scandaloso così che in Pakistan venga in qualche forma tollerata una società basata su caste e scale sociali, in un cui la donna è spesso relegata all’ultimo gradino, trascurando però che la violenza di genere rappresenta ad oggi una piaga sociale viva e vegeta nel nostro paese. Qualcuno potrà certamente obbiettare che eventuali analogie possano risultare azzardate in quanto il Pakistan conta oltre mille morti all’anno per femminicidio, ma bisogna anche contestualizzare un dato, il Pakistan conta 221.000.000 di abitanti. Un quadro che rappresenta come la vita delle donne nel nostro paese sia ad oggi legalmente tutelata ma soggetta a rischi analoghi a quelli a cui sono esposte le donne in Pakistan.

Il percorso socio culturale con meta  una reale uguaglianza di genere, nonostante corra l’anno 2022, é ancora lontano dal dirsi compiuto, e ovviamente non riguarda solo la sicurezza personale, ma ogni ambito della società moderna, includendo lavoro, istruzione, politca e sport. 

Saman non é morta per amore, non é stato il bacio con il fidanzato ad ucciderla, e non c’è alcuna poesia in questo crimine. Lei è morta per onore, la sua unica colpa è stata ribellarsi alla vita che alcuni uomini avevano deciso per lei. Ha leso il loro onore e per questo ha trovato la morte. Uomini che uccidono donne in nome dell’onore, ma che in realtà non hanno mai conosciuto l’onore. 

Trova la pace Saman, nel frattempo il mondo dovrà continuare a vergognarsi di far sentire un privilegiato chi nasce uomo.

Salvatore Battaglia

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