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“Xydi”: chiesta riduzione pena per l’ex avvocato Porcello e conferma di 11 condanne

Chiesta la riduzione di pena per due imputati e la conferma delle altre undici condanne al processo d’appello scaturito dalla maxi inchiesta “Xydi”, condotta sul campo dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Agrigento, e coordinata dalla Dda di Palermo, che ha fatto terra bruciata attorno all’ex superlatitante di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, ed ha colpito, in particolare, il mandamento di Canicattì, che si sarebbe riorganizzato attorno all’anziano capomafia Calogero “Lillo“ Di Caro, al boss Giancarlo Buggea e all’ex compagna di quest’ultimo l’ex avvocato Angela Porcello.

Per l’ex professionista la richiesta di condanna è di 12 anni di reclusione inferiore rispetto ai 15 anni e 4 mesi decisi in primo grado. La donna è in carcere da quasi quattro anni con l’accusa di essere stata un’esponente di spicco della famiglia mafiosa canicattinese. La sua affiliazione sarebbe sorta per effetto della relazione sentimentale con l’imprenditore Buggea. La riduzione della pena a 8 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione è stata avanzata anche per un secondo imputato, il canicattinese Diego Emanuele Cigna (10 anni e 6 mesi in primo grado). Per il resto i sostituti procuratori generali Giuseppe Fici e Carlo Lenzi, hanno chiesto la conferma delle altre condanne decise in primo grado, dal gup Paolo Magro, nel troncone abbreviato del processo. Eccole nel dettaglio: Giancarlo Buggea, 20 anni di reclusione; Calogero Di Caro, 20 anni; Giuseppe Sicilia, 18 anni e 8 mesi; Calogero Paceco, 8 anni; Simone Castello, 12 anni; Gregorio Lombardo, 17 anni e 4 mesi; Luigi Boncori, 20 anni; Giuseppe D’Andrea, 3 anni e 4 mesi; Annalisa Lentini, 1 anno e 8 mesi e Vincenzo Di Caro, 1 anno; Giuseppe Grassadonio, 8 mesi. Nove, invece, gli imputati che seguono il rito ordinario. Il processo è ancora fermo al giudizio di primo grado davanti la seconda sezione penale del tribunale di Agrigento. Tra gli imputati Giuseppe Falsone, boss ergastolano di Campobello di Licata e capo provinciale di Cosa Nostra.

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