È morto Vincenzo Agostino, il papà dell’agente della polizia di stato Nino, ucciso da Cosa Nostra assieme alla moglie Ida Castelluccio, l’8 agosto 1989. Vincenzo Agostino, nato il 22 marzo 1937, era il papà coraggio, che non si era mai rassegnato alla morte del figlio e della nuora – incinta di qualche mese – e aveva da subito denunciato i tentativi di depistaggio legati al duplice omicidio. Aveva una lunga barba bianca che – aveva detto – «non avrebbe più tagliato» fino a quando non sarebbe emersa la verità sui mandanti del duplice omicidio, sui silenzi e soprattutto sui depistaggi alle indagini. Vincenzo ha continuato a combattere per il figlio anche dopo la morte di sua moglie, Augusta Schiera, avvenuta a febbraio 2019.
«Una barba lunga come lunga è stata la sofferenza di Vincenzo»: con queste parole don Luigi Ciotti ricorda il padre dell’agente Nino Agostino, vittima della mafia. Il presidente di Libera ha accompagnato per anni la famiglia Agostino nella battaglia per la ricerca della verità.
«Trentacinque anni di lutto – afferma don Ciotti – per un figlio ammazzato dalla mafia. Era il suo tratto distintivo, che ce lo faceva riconoscere in mezzo alla folla nelle manifestazioni e negli incontri pubblici. Quella barba la vogliamo oggi ricordare come il segno della costanza di Vincenzo, della sua determinazione nel cercare verità e giustizia per suo figlio, sua nuora e il loro bambino mai nato». Don Ciotti ricorda che «la scelta di non tagliarsi la barba, finché non avesse ottenuto risposte chiare dallo Stato, negli anni lo ha reso una figura simbolica agli occhi di tante altre persone nella stessa situazione. Ecco, tutti speriamo che quella lunga, insopportabile attesa non sia stata vana. Fra poche settimane si chiuderà l’ultimo dei processi ancora in corso sul delitto Agostino, dopo che alcune condanne sono già state emesse. Il nostro saluto a Vincenzo è reso meno amaro dalla consapevolezza che il risultato inseguito per tutti questi anni è finalmente a portata di mano. E dalla gratitudine che proviamo perché, attraverso il suo esempio, tante altre persone e famiglie hanno trovato la forza di trasformare la memoria sofferente in un impegno di speranza».
Eugenio Di Francesco, “Rete per la legalità” Sicilia, dice: Addio Zio Vincenzo Agostino! Ogni volta che ci incontravamo mi incoraggiavi ad andare avanti per avere Giustizia e Verità su mio fratello. Porto con me la tua semplicità e sensibilità. La tua forza e le tue battaglie saranno per sempre le nostre. Riposa in pace insieme alla tua amata moglie, tuo figlio Nino la moglie e il bambino che portava nel grembo e che la mafia decise di ucciderli il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini PA.
La scomparsa a Palermo di Vincenzo Agostino, a 87 anni, non rappresenta la fine della battaglia intrapresa in nome di suo figlio, l’agente di polizia Nino, e della moglie di quest’ultimo, Ida Castelluccio, trucidati da Cosa nostra a Villagrazia di Carini il 5 agosto 1989. Per questo delitto – per cui furono molteplici le piste investigative, di cui alcune totalmente depistanti – sono state accusate tre persone, tra le quali il boss di Resuttana Nino Madonia, il killer preferito da Totò Riina, che ha optato per il rito abbreviato e nel 2021 è stato condannato all’ergastolo, confermato anche in appello il 5 ottobre scorso.
Anche quel giorno Vincenzo – accompagnato dalle figlie, dai nipoti e dalla sua inseparabile scorta ma senza più la moglie Augusta Schiera, scomparsa nel 2019 – si presentò al palazzo di giustizia di Palermo. La sua barba bianca, che aveva deciso di non tagliare finché non fosse stata fatta giustizia per il proprio figlio, il passo lento ma deciso agevolato da un bastone, dopo la sentenza Vincenzo Agostino fu netto, come sempre: «Sono soddisfatto perché hanno condannato il macellaio di mio figlio e di mia nuora. Soddisfatto anche per mia moglie, desideravo tanto che ci fosse anche lei accanto a me. Ora toglierò la scritta sulla sua lapide, “morta in attesa di verità e giustizia”. Si sta avvicinando il giorno in cui potrei tagliare la barba, perché si avvia a conclusione anche il procedimento ordinario, in caso di condanna posso dire che quel giorno posso mantenere la promessa che ho fatto sulla tomba di mio figlio». Non ha fatto in tempo, la morte lo ha raggiunto prima. «Oggi – aveva scritto su Facebook il mese prima rivolgendosi alla moglie – avremmo festeggiato 64 anni di matrimonio. Ogni secondo senza di te è un’agonia, mi manchi infinitamente. Continuerò ad amarti, sempre tuo, Vincenzo».
Gli altri due imputati – sotto processo con il rito ordinario – sono il boss dell’Arenella Gaetano Scotto, accusato del duplice omicidio aggravato, e Francesco Paolo Rizzuto, un amico di Nino Agostino, accusato di favoreggiamento. Anche in questo procedimento Vincenzo – costituitosi parte civile, assistito dall’avvocato Fabio Repici e con lui anche le figlie, i nipoti e i familiari di Ida Castelluccio, tra gli altri – ha sempre voluto essere presente, a ogni udienza, nonostante gli acciacchi dovuti all’età. Assisterà da altrove alla sentenza, essendo il processo alle battute finali: hanno già discusso le parti civili, il 3 maggio e il 21 sono in programma gli interventi dei difensori degli imputati e poi la Corte d’assise, presieduta da Sergio Gulotta, dovrebbe ritirarsi in camera di consiglio per la sentenza.