Inflitta la condanna a 5 mesi di reclusione ciascuno per l’accusa di violenza privata all’inviato del noto programma televisivo “Le Iene” Gaetano Pecoraro e all’operatore Antonio Maria Fontana Paesano. La sentenza è stata emessa dal giudice monocratico del tribunale di Agrigento Rossella Ferraro. I due imputati sono accusati di aver costretto l’avvocatessa agrigentina Francesca Picone a subire videoriprese contro la sua volontà e avrebbero impedito alla stessa legale di entrare dentro la sua auto.. I fatti riguardano tre servizi televisivi realizzati nel febbraio tra il 2016 e il 2018, relativo al procedimento penale che vedeva imputata la professionista. Dopo l’assoluzione dal reato di estorsione ad opera della Corte di Appello di Palermo e il successivo annullamento del residuo reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ad opera della Cassazione, oggi è arrivata la condanna per l’inviato e l’operatore delle “Iene”. I due dopo essersi nascosti nei pressi dell’abitazione dell’avvocato Picone, l’avevano videoripresa incalzandola con insistenti domande. Inoltre lo stesso Pecoraro frapponendosi fra lo sportello della legale che era salita in macchina ne avrebbe impedito la libertà di movimento. “Dopo due diverse ordinanze del Tribunale civile di Agrigento – afferma l’avvocato Angelo Farruggia, che ha rappresentato la collega Picone – che avevano disposto il divieto di pubblicazione e la rimozione dai profili social dell’emittente televisiva, in quanto diffamatori i tre servizi televisivi realizzati dalla redazione delle Iene e mandati in onda nel dicembre 2016 e febbraio 2018 oggi, dopo la cancellazione ad opera della Corte di Cassazione di ogni accusa penale a carico dell’avvocato Picone, arriva la condanna di chi, nonostante i reiterati inviti alla prudenza, con spavalderia non ha esitato a comminare condanne mediatiche irrevocabili con ciò interferendo nel procedimento penale in corso”. “Il precedente assume rilievo nel panorama della giurisprudenza nazionale – continua Farruggia – poichè vale a definire meglio i confini del bilanciamento tra il diritto all’informazione e alla cronaca giudiziaria e la libertà di autodeterminarsi dell’individuo”.
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