Il magistrato Giovanni Di Leo si è insediato questa mattina alla guida della Procura della Repubblica di Agrigento. Le prime parole del procuratore capo sono un tributo alla memoria del giudice Rosario Livatino “che ho conosciuto per un periodo troppo breve incontrandolo sette volte e facendo tre udienze con lui” ma dal quale “ho imparato dai suoi provvedimenti e dai racconti che mi sono stati fatti”. “Mai sopra le righe, mai scostante o scortese, ma sempre aperto e con il sorriso, nel suo ruolo di giudice che cercava la giustizia con la G maiuscola anche nelle piccole cose”. Alla cerimonia di insediamento, celebrata proprio nell’aula del Palazzo di Giustizia dedicata al giudice beato, erano presenti il presidente del Tribunale Pietro Maria Falcone, il procuratore generale Lia Sava, il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia ed il procuratore aggiunto Salvatore Vella. All’insediamento non sono certamente mancati i vertici istituzionali della provincia: il Questore Emanuele Ricifari, i comandanti di carabinieri e guardia di finanza – i colonnelli Vittorio Stingo ed Edoardo Moro – così come il sindaco di Agrigento e il deputato nazionale Calogero Pisano. Le prime parole del neo procuratore, con non poca commozione, sono state un elogio alla figura del giudice Rosario Livatino. Di Leo ha subito tracciato le linee guida dell’ufficio che si appresta a dirigere: “La Procura di cui oggi assumo la direzione vi posso già dire cosa non sarà. Non sarà strumentodi polemiche, non sarà la porta dove infilarsi per sfogare odi, invidie. Vi sarà la massima attenzione per i reati che attentano ai deboli: anziani, donne, bambini, disabili come anche alla integrità dei beni privati e soprattutto pubblici, Vi sarà la massima attenzione all’ambiente, alla semplice civile e sociale convivenza. Vi sarà attenzione a tutti coloro che, caduti nel reato, intendono avviare un percorso di recupero. Il carcere deve essere l’estrema ratio non solo nella fase cautelare, ma anche quando, pronunciata la sentenza definitiva, è nostro dovere tendenze una mano a chi vuole sinceramente riemergere nella società civile.
Il procuratore di Agrigento ha poi proseguito: “Esercitare funzioni di magistrato non significa godere di un potere: significa esercitare un potere per servire un fine più alto. Noi magistrati non solo dobbiamo essere imparziali, indipendenti e autonomi ma dobbiamo anche sembrarlo, evitando ogni forma di contiguità che allontani il cittadino dalla difucia nell’azione inquirente e giudicante”. “L’unico metodo valido per perseguire la giustizia nel rispetto della legge – ha sottolineato il neo procuratore – è cercare di capire chi abbiamo di fronte e per farlo sempre occorre rispetto, umiltà e apertura mentale e culturale. Noi ci occupiamo di persone e di fatti, nella loro cruda oggettività, senza colorazioni mediatiche, politiche e di interesse. E per essere il peso che sposta il piatto occorre fare domande. Fare domande è per tutti un diritto ma per il pubblico ministero è un dovere”. Per Giovanni Di Leo, come detto, si tratta di un ritorno ad Agrigento dove nel 1990 aveva cominciato a muovere i primi passi nella magistratura con funzioni di giudice. Tre anni dopo, il trasferimento a Sciacca da sostituto procuratore. Tra il ’97 e il 2003 ha lavorato a Palermo, prima come pm e poi come giudice, mentre nel 2003 è passato alla giurisdizione contabile, rientrando poi nella magistratura ordinaria due anni dopo, come pm a Roma. Nel 2009 ha svolto funzioni di pm a Caltanissetta e, dal 2015, quelle di sostituto procuratore generale in Cassazione. Il Csm lo scorso mese lo ha indicato nuovo procuratore di Agrigento preferendolo all’attuale procuratore di Sciacca, Roberta Buzzolani. Di Leo prende il posto lasciato libero da Luigi Patronaggio insediatosi a capo della procura generale di Cagliari un anno e mezzo fa. Da quando Patronaggio è stato trasferito fino ad oggi, la Procura di Agrigento è stata diretta dall’aggiunto Salvatore Vella.