Colonnello CC Stingo assolto perché il fatto non sussiste.
È questa la formula utilizzata dal GIP Micaela Raimondo di Agrigento per assolvere l’alto Ufficiale dell’Arma, Comandante provinciale dei carabinieri di Agrigento.
Accusato dalla Procura di Agrigento di una presunta fuga di notizie e di calunnia, ha ottenuto una sentenza assolutoria con formula piena. La difesa del Colonnello retta dall’avvocato Salvatore Pennica ha definito l’accusa un: “Attacco a un ufficiale pluridecorato, nessun reato”.
Assolto con la stessa formula il Capitano Augusto Petrocchi, comandante della Compagnia CC di Licata.
Assolto il luogotenente Carmelo Caccetta, già comandante del Nucleo Operativo della stessa Compagnia.
Il Colonnello Stingo è alla guida della provincia di Agrigento da circa tre anni e sono numerosi i risultati operativi raggiunti dall’Arma sia in termini di contrasto alla criminalità mafiosa e comune che nel supporto alla popolazione. L’Arma della gente è sempre stato il suo slogan, utilizzato nelle campagne al fianco dei più giovani, dei più deboli e degli indifesi. Particolarmente apprezzato e pluridecorato, era stato accusato dal facente funzioni Vella nell’ambito di un’inchiesta condotta dall’Ufficiale con il ROS di Palermo, sotto il coordinamento della DDA del capoluogo di Regione, che aveva portato all’arresto di un maresciallo dei Carabinieri.
La supposta fuga di notizie sarebbe avvenuta verso un suo capitano che avrebbe poi partecipato alle operazioni di arresto mentre invece la calunnia sarebbe avvenuta verso un suo collega del ROS di Palermo che non ha inteso costituirsi parte civile non sentendosi offeso.
Il Colonnello Stingo non ha commentato ma i sorrisi e la gioia dei circa 1000 carabinieri della provincia sono significativi. Espressioni di vicinanza e di soddisfazione sono giunte al Colonnello Stingo da tutte le istituzioni e dalla cittadinanza attiva.
L’Arma continuerà ad affrontare a testa alta il crimine, avendo dimostrato nei secoli di essere in grado di sapersi autoregolare e disciplinarsi.
La vicenda risale al giugno del 2021: l’allora procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, adesso a capo dei pm di Roma, comunica – “lecitamente”, come sottolineava l’atto di accusa dei pm agrigentini – a Stingo che il Ros di Palermo aveva in corso un’attività di indagine che coinvolgeva alcuni suoi uomini e, in particolare, alcuni carabinieri della Compagnia di Licata.
Da settembre dello stesso anno e fino al giugno successivo, sempre in maniera legittima, secondo la ricostruzione della procura di Agrigento, un alto ufficiale dell’Anticrimine aggiorna Stingo, evidentemente per ragioni istituzionali, degli sviluppi della vicenda comunicandogli che il militare indagato era il luogotenente Gianfranco Antonuccio, in servizio alla Compagnia di Licata, che da lì a breve fu arrestato con l’accusa di avere chiesto tangenti in cambio di favori e coperture.
L’ufficiale lo informò degli sviluppi dell’indagine e della possibilità di una misura cautelare. Stingo “violando i doveri inerenti le funzioni – è l’atto di accusa dei pm – rivela le circostanze al sottoposto capitano Petrocchi, a capo della Compagnia di Licata, al fine di avviare una procedura di trasferimento per incompatibilità ambientale di Antonuccio”.
Secondo la tesi, bocciata nel processo, del procuratore facente funzioni Salvatore Vella e del pm Maria Barbara Grazia Cifalinò, sarebbe partita una fuga di notizie “a cascata” con la finalità personalistica di fare trasferire Antonuccio evitando l’onta di averlo alle dipendenze del Comando al momento dell’arresto.
Caccetta, anch’egli in servizio alla Compagnia di Licata, al contrario di Stingo e Petrocchi, secondo l’accusa che non ha retto al vaglio del processo, ne avrebbe parlato a un collega solo per metterlo in guardia ed evitargli guai. L’ufficiale viene intercettato “di rimbalzo”, il 15 giugno del 2022, nell’ambito dell’indagine a carico dello stesso Antonuccio.
Un anno e 6 mesi era la richiesta di condanna della procura per Stingo, accusato pure di calunnia ai danni del collega Antonello Parasaliti, il comandante del Ros di Palermo che ha catturato Matteo Messina Denaro; 8 mesi per Petrocchi e 2 mesi e 20 giorni per Caccetta. Le pene proposte erano ridotte di un terzo per effetto del rito abbreviato.
Accuse che sia gli indagati che i loro difensori hanno sempre respinto con forza. “Il colonnello Vittorio Stingo non ha commesso alcun reato, l’accusa di rivelazione di segreto di ufficio e calunnia appare come un attacco personale a un ufficiale pluridecorato che ha dedicato la sua vita all’Arma e che, anche in questa circostanza, ha agito solo nell’esclusivo interesse di tutelarla”. L’avvocato Salvatore Pennica, difensore del comandante provinciale dei carabinieri, aveva replicato così alle richieste dei pm. “Non c’è alcuna prova – aveva aggiunto – che Stingo abbia diffuso alcuna notizia anche perchè le sue conoscenze erano molto limitate e, in ogni caso, anche se lo avesse fatto si sarebbe limitato a tutelare l’Arma agevolando il suo trasferimento”.
“Non ha riferito alcunchè – aveva aggiunto l’avvocato Daniela Posante con riferimento alla posizione di Petrocchi – per il semplice motivo che non sapeva nulla e manca qualsiasi prova di questa circostanza”.
Stingo è stato assolto pure per l’accusa di calunnia ai danni del colonnello Parasaliti. La nuova richiesta di rinvio a giudizio – i due procedimenti erano stati unificati – scaturisce dall’ipotesi di avere mentito ai pm – in occasione dei due interrogatori, insieme al suo legale Salvatore Pennica, con cui si difendeva dall’accusa di rivelazione di segreto di ufficio. In particolare avrebbe negato di avere ricevuto l’informazione istituzionale dell’avvenuto deposito dell’informativa finale a carico di Antonuccio nei cui confronti era stata chiesta una misura cautelare. “Le dichiarazioni rese dal tenente colonnello – aveva detto a verbale riferendosi al collega del Ros – non sono vere”: secondo il giudice, con queste dichiarazioni, non ha cercato in nessun modo di sviare la giustizia.