Condanna all’ergastolo confermata per il boss di Siculiana, Filippo Sciara, accusato dell’omicidio dell’imprenditore edile Diego Passafiume, che avrebbe avuto il torto di non prestarsi al ricatto dei boss.
Il verdetto è stato emesso dai giudici della Corte di assise di appello di Palermo, presieduta da Angelo Pellino. La sentenza di primo grado, il 15 dicembre del 2023, è stata emessa dalla Corte di assise di Agrigento, presieduta da Wilma Angela Mazzara.
L’omicidio è avvenuto il 22 agosto 1993, a Cianciana. Il caso è rimasto irrisolto per oltre 20 anni, fino a quanto il primo pentito della mafia agrigentina, Pasquale Salemi, non ha consentito di delinearne il contesto accusando, fra gli altri, Sciara che negli anni scorsi è stato già condannato all’ergastolo nel maxi processo Akragas.
Diego Passafiume, secondo quanto hanno accertato le indagini, non si sarebbe piegato alle regole che le cosche volevano imporre nella gestione degli appalti e dei sub-appalti. Si occupava di movimento terra e negli ultimi anni della sua vita stava cercando di espandersi. Nel periodo tra la fine degli anni ‘80 e gli inizi del ‘90, il territorio della bassa Quisquina, grazie all’incremento dei lavori edili – gli appalti per le case popolari, il rifacimento di strade provinciali e la diga Castello – è stato oggetto di pressioni da parte degli esponenti di Cosa nostra. Il suo omicidio maturerebbe in questo contesto.
Il giorno del suo anniversario di matrimonio – il 22 agosto di 32 anni fa – Diego Passafiume e la moglie avevano deciso di festeggiarlo insieme trascorrendo la giornata nella casa di campagna del cognato a Cianciana, dove l’imprenditore aveva da poco acquistato un terreno da adibire al deposito dei mezzi. Mentre era a bordo della sua vettura insieme alla moglie, alla suocera, alla nipote e ai suoi due piccoli figli, Passafiume decise di fermarsi un attimo per far vedere il terreno alla suocera, quando fu affiancato da una macchina con a bordo quattro uomini: uno di questi imbracciò un fucile da caccia, esplodendogli contro i primi due colpi al petto, per poi finirlo con una fucilata al volto.