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Ha una frattura, aspetta 17 giorni per un intervento, muore in ospedale dopo aver contratto la polmonite: Familiari denunciano 

I pm di Palermo indagano sulla morte di Giuseppe Barbaro, 76 anni, deceduto all’ospedale Villa Sofia, dopo 17 giorni di ricovero in attesa di essere operato per una frattura. I parenti hanno presentato un esposto assistiti dall’avvocato Andrea Dell’Aira. Criticità nell’ospedale palermitano erano state riscontrate anche dal presidente della Regione, Renato Schifani, nella sua visita a sorpresa il 3 gennaio scorso trovando in Ortopedia 14 pazienti in attesa d’intervento.

«Mio padre Giuseppe Barbaro è arrivato al pronto soccorso di Villa Sofia con la frattura alla spalla che si era provocato cadendo in casa il 21 dicembre.

Fino al 24 è rimasto al pronto soccorso in una lettiga, in corridoio. La frattura veniva semplicemente fasciata e immobilizzata con indicazione di necessità di riduzione chirurgica da programmare “appena possibile”. Godeva di buona salute e non soffriva di altre patologie».

A raccontarlo è la figlia del paziente morto in ospedale, a Palermo, dopo 17 giorni d’attesa per un intervento chirurgico.

«Ci è stato detto che non c’era posto in ortopedia e solo il 24 è stato portato in reparto. I medici ci hanno riferito che c’era un turno e che presto sarebbe stato operato.

Durante i giorni antecedenti al trasferimento in reparto abbiamo più volte fatto notare che mio padre non poteva alimentarsi autonomamente per via della fasciatura alla parte superiore sinistra del corpo – aggiunge la figlia -. Gli infermieri rispondevano che lo avevano in carico come “autonomo” e quindi non potevano far nulla. Sia il 22 che il 28 già manifestava segni di dissociazione e confusione mentale. Mi ha chiamato dicendo di essere legato al letto e il giorno dopo ho visto che era bloccato con fasce di plastica alle caviglie e al braccio destro. Solo quando ho protestato veniva finalmente slegato».

«Mi sono accorta – conclude – che aveva la febbre e solo allora gli è stato somministrato del paracetamolo. Il 30 dicembre l’alimentazione attraverso la flebo. Intanto il valore di sodio saliva fino a raggiungere 178. I medici ci hanno comunicato l’esistenza di diversi focolai pneumologici, segni di polmonite bilaterale.

Il 3 gennaio mi hanno detto che non si riuscivano a far rientrare i valori del sodio e che era lecito aspettarsi un esito infausto. Nonostante questo mio padre non è stato trasferito in terapia intensiva ed è morto il 6 gennaio. La comunicazione mi è stata data da un sanitario che m’ha detto di essere appena arrivato da Napoli». Intanto, la procura ha disposto l’autopsia.

«Il paziente è stato ricoverato per una frattura all’omero non c’era alcun tipo di urgenza-emergenza. È successo che ha contratto una polmonite in quanto paziente anziano e defedato.

È stato valutato da pneumologi, cardiologi, anestesisti e le condizioni cliniche peggiorate dalla polmonite non ci hanno permesso di eseguire l’intervento. Non possiamo operare un paziente in condizioni non idonee. Dopo la diagnosi della polmonite sono stati presi tutti i provvedimenti e le terapie adeguate, gli specialisti non consigliavano l’intervento chirurgico perché non era nelle condizioni di poterlo subire. Non era una persona in pericolo di vita».

Lo afferma Davide Bonomo, primario del reparto di Ortopedia di Villa Sofia:

«Dai vari controlli che abbiamo eseguito il paziente dal punto di vista cardiologico e generale aveva qualche problema – aggiunge – I parenti erano informati.

È stato ricoverato il 24 dicembre. Poi ha sviluppato una polmonite. Non è semplice stabilire quando l’abbia contratta. Evidentemente covava un focolaio da qualche giorno. La polmonite non si sviluppa in un giorno. Non sono uno pneumologo e non l’ho seguito sotto quell’aspetto. Quando le condizioni sarebbero migliorate avremmo eseguito l’intervento. Non era una frattura da operare urgentemente, non era scomposta».

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