Operazione “CAR’S HACKER” della Guardia di finanza a Canicattì. Scena muta dal gip, i quattro indagati dell’inchiesta che ipotizza l’esistenza di una “banda” che vendeva auto col contachilometri “taroccato”, per “scalare” il chilometraggio e alterare il valore di mercato, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. In due sono finiti agli arresti domiciliari. Si tratta dei fratelli Salvatore e Alfonso Mattina, 48 e 44 anni; obbligo di dimora nel centro urbano di Canicattì per Manila Mattina, 25 anni, nipote dei due arrestati e Gioachino Lo Giudice, 42 anni. La strategia processuale dei difensori (gli avvocati Calogero Meli, Luigi Reale, Annalisa Lentini e Calogero Lo Giudice) è stata quella del silenzio. L’inchiesta, nell’ambito della quale è scattato il sequestro di tre autosaloni, adesso, approderà al tribunale del riesame dove sarà chiesto l’annullamento del provvedimento restrittivo del giudice Giuseppe Miceli.
Le accuse contestate sono di associazione a delinquere, falso e truffa. Il presunto sodalizio, in particolare, avrebbe “taroccato” i contachilometri delle vetture in modo da fare lievitare il prezzo. Un “trucco” che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato realizzato almeno un centinaio di volte e avrebbe fruttato un giro di affari illegale di oltre 700 mila euro.
Per altri quattordici indagati il procuratore Giovanni Di Leo aveva chiesto una misura cautelare che il gip non ha applicato.