Torniamo a parlare del piccolo Luigi, bambino affetto da una grave encefalopatia ipossico-ischemica in seguito a un parto con interventi in pieno contrasto con le norme base dell’ostetricia.
Si è chiusa con un nulla di fatto l’udienza prevista per questa mattina, 3 luglio, che vede imputate due ginecologhe, La Marca Lucia e Ferraro Rosa, e due ostetriche, Patti Isabella e Carlino Graziella, dell’Ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento.
Alle dottoresse vengono contestate lesioni sanitarie aggravate e la manomissione della cartella clinica nel parto di Luigi. Le manovre e le procedure sconsiderate del personale ospedaliero lo hanno ridotto a vivere confinato in un letto, senza poter vedere, parlare, mangiare e respirare in autonomia.
L’udienza è stata rinviata al 16 ottobre a causa del legittimo impedimento di una delle imputate che, tramite un’autocertificazione, ha sostenuto di dover eseguire nella mattinata di oggi un intervento programmato.
L’istanza – depositata nella serata di venerdì – è stata accolta nonostante la presenza in aula della famiglia chiamata a testimoniare. Una presenza pianificata e organizzata da mesi con turni di assistenza a Luigi che deve sempre essere assistito dalla madre e dal padre a causa delle sue condizioni.
“Organizzarsi per venire in aula oggi è stato estremamente difficile, cerchiamo di ridurre al minimo i contatti con l’esterno per non attaccare a nostro figlio virus o batteri che per lui potrebbero essere letali, ogni esposizione in più è un ulteriore rischio. Lasciarlo in custodia di una sola persona, come abbiamo fatto oggi, comporta dei pericoli. Mi sono presentata in aula con il pensiero a mio figlio, pregando fosse una mattinata tranquilla e senza crisi” – ha raccontata la mamma.
L’avvocato di parte civile Fabrizio Maggiorelli del Foro di Genova: “Questo rinvio ci ha sorpreso per tempi e modalità, spero che in futuro non si ripresenteranno problemi di questo tipo visto il grande sforzo che i genitori fanno per essere presenti in aula”.
Ecco il racconto di questa drammatica vicenda:
Nel settembre 2018 la signora F.N, in attesa del primo figlio, si recò presso la struttura sanitaria in seguito alla rottura delle acque. Qui fu rassicurata in merito alle condizioni del bambino e sottoposta due volte a tracciato cardiotocografico, in nessun caso vennero rilevate anomalie.
Il giorno successivo la degente venne sottoposta a un ulteriore tracciato, la signora ebbe modo di leggere sul monitor la scritta “non soddisfacente”, ma venne rassicurata dal personale sanitario che imputava l’indicazione al fatto che il bambino fosse addormentato o che la madre non avesse ancora pranzato. Più tardi la signora F.N lamentò un rialzo febbrile e chiese l’intervento degli infermieri che applicarono una flebo con Tachipirina. Ulteriori esami del sangue accertarono un rialzo dei globuli bianchi. Fu applicato un altro tracciato sempre con dicitura “non soddisfacente”. La donna venne rassicurata dai sanitari in merito all’espletamento del parto entro due ore. Un’ora e trenta dopo l’orario indicato per il parto la paziente avvertì le prime forti contrazioni. Dopo le prime manovre di parto iniziarono a verificarsi le prime complicazioni e una sequela di gravi errori. Diversi medici operarono senza successo una serie di manovre di “spinta” sull’addome della paziente (manovre non più in uso in quanto fortemente sconsigliate perché potenzialmente dannose). A quel punto si procedette con l’utilizzo della ventosa, il primo tentativo fallì (addirittura con la rottura della ventosa), così come il secondo e il terzo. La testa del bambino, parzialmente uscita, cambiò improvvisamente colore, divenne cianotica. Altri sanitari intervennero sulla paziente in una tortura continua, cercando di cambiare posizione al piccolo rimasto incastrato all’altezza delle spalle. Alcuni dei medici salirono letteralmente carponi sull’addome, cercando di spingere fuori il bambino con le proprie ginocchia. Le manovre sconsiderate provocarono la frattura delle ossa del bacino della paziente. In assenza di strumenti idonei per intervenire vennero causate conseguenti gravi lacerazioni. Alla domanda “quanti punti mi avete dato?” la signora F.N si sentì rispondere “quelli che servono”.
Luigi è nato così, spinto fuori con violenza inaudita da un drappello di medici evidentemente all’oscuro delle norme di base dell’ostetricia. Erano le 23,55, il parto era stato preventivato alle 20.
Oggi, cinque anni dopo i drammatici fatti sopra descritti, Luigi è affetto da una grave encefalopatia ipossico-ischemica: vive confinato in un letto posto al centro della casa dei genitori, non cammina, non vede, non parla, non può mangiare né respirare autonomamente.
Gli errori, gravi e grossolani, commessi dai sanitari che hanno assistito il parto sono stati diversi. Negli anni passati, tramite gli atti del procedimento penale in capo ai sanitari presenti, si è avuto modo di verificare le diverse mancanze in capo a medici, ostetriche e infermiere che si sono avvicendati nei quasi due giorni di travaglio.