Gli amministratori avevano attestato lo stato di crisi della società e applicato il contratto di solidarietà a circa 60 dipendenti. Ma, secondo quanto accertato dalla guardia di finanza di Palermo, in realtà si trattava di una frode, poiché i lavoratori sarebbero stati impiegati in turni molto più lunghi rispetto all’accordo stipulato. Nel mirino dei finanzieri del Comando provinciale di Palermo, nell’ambito delle indagini delegate dalla procura, è finita la Gamac Group srl, azienda che fino al 2021 gestiva 13 supermercati (poi ceduti dall’amministratore giudiziario) tra Palermo e provincia con i marchi Conad e Todis. La società è destinataria di un decreto di sequestro preventivo, emesso dal gip Cristina Lo Bue, per un valore complessivo di circa 1,4 milioni di euro. I rappresentanti legali pro tempore dell’impresa coinvolta, i fratelli Carmelo e Maurizio Lucchese, risultano indagati per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e indebita compensazione d’imposta. A svelare le irregolarità contributive sono stati gli investigatori del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo diretto dal colonnello Gianluca Angelini.
Obiettivo del contratto di solidarietà è tutelare l’occupazione attraverso una diminuzione dell’orario di lavoro. Il dipendente riceve un contributo anticipato dal datore, che lo può successivamente recuperare sotto forma di credito contributivo.
Le indagini hanno consentito di appurare che, dal 2016 al 2020, gli amministratori della società palermitana avrebbero falsamente attestato all’Inps uno stato di crisi aziendale e la riduzione dell’orario di lavoro per circa 60 dipendenti all’anno, i quali in realtà sarebbero stati impiegati in turni superiori rispetto a quanto pattuito nel contratto di solidarietà. Grazie a questo meccanismo la società avrebbe ottenuto un credito contributivo di circa 1,4 milioni di euro, successivamente utilizzato per compensare contributi previdenziali dovuti e per abbattere le imposte.
Il sequestro è il risultato di ulteriori accertamenti dopo l’indagine che nel maggio del 2022 portò alla confisca di un patrimonio da 150mila euro nei confronti di Carmelo Lucchese. L’imprenditore, secondo i giudici, avrebbe operato «sotto l’ala protettrice di Cosa nostra».