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Operazione Alcatraz: Corruzione, droga e telefonini in carcere con i droni, nomi arrestati. In manette anche due agrigentini 

I carabinieri del Comando provinciale di Trapani e il personale del Nucleo investigativo regionale Sicilia della polizia penitenziaria hanno arrestato 22 persone. Ad altre due hanno notificato un provvedimento di obbligo di dimora. Nel corso dell’attività investigativa sono state complessivamente sottoposte ad indagini 30 persone. Le misure sono state adottate a seguito di un’indagine denominata Alcatraz. I reati contestati a vario titolo sono stati commessi nelle carceri: corruzione, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, abuso d’ufficio, truffa aggravata, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità ideologica, omessa denuncia di reato, evasione e accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, nonché ulteriori violazioni del codice dell’Ordinamento penitenziario.

L’ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Trapani, su richiesta della procura, ha disposto per 17 indagati la custodia in carcere e per 5 gli arresti domiciliari. I provvedimenti sono stati eseguiti a Trapani, Palermo, Benevento, Bari, Porto Empedocle, Mazara del Vallo e Avola.

Tra le persone coinvolte nell’inchiesta della procura di Trapani, che ha accertato che nel carcere della città attraverso dei droni sarebbero stati fatti entrare droga e cellulari, ci sono anche tre agenti della polizia penitenziaria. Due sarebbero in pensione e uno nel corso delle indagini sarebbe deceduto. Un quarto ex agente è indagato perché avrebbe omesso di denunciare all’autorità giudiziaria il presunto pestaggio di un detenuto ad opera di alcuni agenti penitenziari. Agli atti dell’inchiesta, che riguarda anche decine di detenuti, alcuni dei quali nel frattempo erano tornati in libertà, ci sono filmati che riprendono l’ingresso dello stupefacente e dei telefonini nell’istituto di pena trapanese.

Gli investigatori hanno documentato (da ottobre 2019 ad oggi) presunti episodi di corruzione di alcuni agenti della polizia penitenziaria, già in servizio presso la casa circondariale Pietro Cerulli di Trapani, che, dietro il pagamento di somme di denaro o altre utilità (comprese prestazioni sessuali da parte della convivente di un detenuto), avrebbero consentito l’introduzione in carcere di sostanze stupefacenti, telefonini (oltre 50 quelli sequestrati) e altri beni (armi improprie, sigarette, profumi) in favore di detenuti, anche appartenenti alla criminalità organizzata e ristretti presso i reparti di alta sorveglianza. Dalle indagini sarebbe emerso, secondo gli inquirenti, «uno spaccato inquietante della realtà carceraria trapanese», dove per la popolazione detenuta, la possibilità di utilizzare i telefoni, come strumento di comunicazione con l’esterno, sembrerebbe essere divenuta indispensabile per la quotidianità all’interno degli istituti penitenziari.

Gli investigatori avrebbero accertato le diverse modalità delle consegne in carcere. Quando queste non erano possibili mediante l’aiuto degli agenti infedeli, gli espedienti utilizzati erano i più disparati: alcuni detenuti optavano per l’occultazione del materiale in scarpe o finanche nelle cavità corporee, altri si avvalevano di tecniche innovative» come il lancio all’interno dell’istituto penitenziario di un pallone da calcio, preventivamente «farcito» con telefoni cellulari, oppure mediante i droni, che persone specializzate mettevano a disposizione come un vero e proprio servizio di delivery.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, alcuni agenti infedeli avrebbero anche utilizzato certificazioni mediche attestanti falsi stati di malattia per potere svolgere lavori extra quali, ad esempio, il servizio di sicurezza presso locali notturni, oppure altre attività personali durante l’orario di lavoro.

La custodia cautelare in carcere è stata disposta per:

Salvatore Addolorato, nato a Mazara del Vallo nel 1995; Natale Carbè, Avola, ’77; Antonio Lo Pinto, Mazara, ’95; Carmelo Salanitro, Catania, ’87; Margaret Asaro, Vaprio d’Adda, ’71; Vito Ingrassetto, Mazara, ’74; Alessio Scirè, Mazara, ’92; Antonello Sanfilippo, Mazara, ’86; Giuseppe Cirrone, Erice, ’68; James Burgio, Agrigento, ’92; Roberto Santoro, Erice , ’87; Gerlando Spampinato, Agrigento, ’70;Pietro Mazzara, Erice, ’87; Giuseppe Felice Beninati, Erice, ’97; Davide Monti, Bari, ’90; Nicola Fallarino, Benevento, ’84; Nunzio Favet, Palermo, ’53.

Gli arresti domiciliari sono stati disposti per: Annarita Taddeo, Benevento , ’91: Giuseppe Cangemi, Salemi ’80; Roberto Fallarino, Benevento, ’91; Vincenzo Piscopo, Benevento, ’90; Adriano Leone, Foggia, ’86.

Obbligo di dimora per Maria Lo Pinto, Mazara, ’97 e Graziella Profeta, Palermo, ’60.


Altre sei persone sono indagate a piede libero. Si tratta di: Damian Aidal, Adrano, ’89; Carmelo Bonaventura, Catania ’84; Ignazio Cammareri, Erice, ’81; Valentina Messina, Erice,’97; Francesco Paolo Patricolo, Palermo, ’69; Antonino Urso, Erice, ’65.

Sono James Burgio, 41 anni di Porto Empedocle e Gerlando Spampinato, 53 anni di Agrigento, ma anche lui residente a Porto Empedocle, i due agrigentini coinvolti nell’operazione denominata “Alcatraz”. Burgio e Sampinato (insieme ad altri) sono accusati per avere, in concorso tra di loro, in diverse occasioni, detenuto e successivamente ceduto illecitamente una quantità imprecisata di sostanza stupefacente ad alcuni soggetti detenuti presso il carcere di Trapani. In particolare, scrive il Gip che ha firmato il provvedimento cautelare: “Schematicamente risulta che molti detenuti del carcere di Trapani erano illecitamente in possesso, tra l’altro, di telefoni cellulari, dei quali era evidentemente assai facile munirsi e coi quali riuscivano a comunicare sia con l’esterno sia con altri soggetti reclusi nello stesso carcere od in altri; tra tali detenuti spiccava la figura di James Burgio, che comunicava con diverse utenze e mostrava di avere straordinaria capacità di procurarsi telefoni, anche grazie al contributo di Gerlando Spampinato, che, al rientro dai permessi, riusciva ad introdurre in istituto telefoni, schede telefoniche e stupefacenti, approfittando della carenza di controlli al ritorno”. Burgio sarebbe stato dunque il “committente” dello Spampinato, al quale dava i soldi e le puntuali istruzioni per reperire ed introdurre in carcere telefoni e sostanza stupefacente e del quale, talvolta, si lamentava, causa inadempimento degli impegni presi; in alcune occasioni, Spampinato – non è chiaro se per paura di essere scoperto o per altra causa – aveva rinunciato a portare a compimento la “missione” affidatagli, ma, il 24 gennaio 2019, aveva centrato l’obiettivo, anche se la qualità o la quantità di stupefacente (4 pezzi) era al di sotto delle attese e la dimensione dei telefoni era superiore a quella sperata e ritenuta idonea all’“agevole” occultamento nella cavità anale del detenuto possessore; lo stupefacente introdotto in carcere da Spampinato, il 24 gennaio 2019, era stato distribuito dal Burgio ad altri reclusi.

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