Video hard e ricatti sessuali, l’inchiesta sul suicidio dell’agrigentina, Alice Schembri, la diciassettenne violentata e filmata da quattro amici quando aveva 15 anni e poi morta suicida nel 2017, apre scenari inattesi agli inquirenti. Oltre all’indagine per violenza sessuale e produzione di materiale pedo-pornografico, aperta dalla Dda di Palermo e dalla Procura dei minori del capoluogo (due dei presunti violentatori erano maggiorenni all’epoca dei fatti, altri due lo sono diventati dopo) si procede per tentata estorsione. Uno degli adolescenti coinvolti, che avrebbe avuto anche una relazione sentimentale con Alice, sarebbe stato protagonista di diversi video che lo immortalavano mentre faceva sesso con delle coetanee. Il sospetto degli inquirenti è che il minore potrebbe aver tentato di ricattare le adolescenti, tra loro anche Alice, chiedendo denaro ed altro in cambio della mancata divulgazione dei filmati girati a insaputa delle protagoniste.
Parte del fascicolo sarebbe stata trasmessa ai pm dei minori di Palermo perché il giovane allora non aveva ancora compiuto 18 anni, mentre un’altra inchiesta, evidentemente su maggiorenni sempre coinvolti nei video a luci rosse, penderebbe davanti alla procura di Agrigento, coordinata da Salvatore Vella.
Alice a 15 anni fu costretta a fare sesso con quattro ragazzi che filmarono il rapporto e lo fecero poi girare tra i coetanei della comitiva. Una violenza da cui non si è mai ripresa. Sprofondata in una depressione senza ritorno, Alice Schembri due anni dopo si è suicidata buttandosi dalla Rupe Atenea di Agrigento. A distanza di sei anni dai fatti, la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, a cui il fascicolo è stato trasmesso dai colleghi agrigentini perché viene ipotizzata, oltre alla violenza sessuale di gruppo, la diffusione di materiale pedopornografico, reato di competenza distrettuale, ha notificato a due agrigentini ora 27enni l’avviso di conclusione delle indagini, provvedimento che di norma precede la richiesta di rinvio a giudizio.
Il procedimento aperto a carico degli altri due indagati, che nel 2017 avevano meno di 18 anni, pende invece davanti alla procura dei minori di Palermo. Il cadavere della giovane vittima venne trovato sotto la rupe. Un suicidio annunciato in un drammatico post che la 17enne aveva pubblicato su Facebook. «Nessuno di voi sa e saprà mai con cosa ho dovuto convivere», scrisse la ragazza prima di uccidersi. «Quello che mi è successo non poteva essere detto, io non potevo e questo segreto dentro di me mi sta divorando». Parole terribili che raccontano anche del tentativo della vittima di farsi forza e convivere con il suo dramma «e in alcuni momenti ci riuscivo così bene — spiegò nel post — che me ne fregavo, ma dimenticarlo mai… non potrò averla vinta mai, come però non posso continuare a vivere così, anzi a fingere così…»
A ricostruire la violenza fu la squadra mobile di Agrigento che riuscì a recuperare il video dello stupro di gruppo. I quattro violentatori avevano fatto ubriacare la vittima e avevano abusato di lei approfittando delle sue condizioni di inferiorità fisica e psichica. Nel filmato è evidente il tentativo della adolescente di fermare il branco. «Non voglio, non posso, vi prego, mi sento male — urlava —. Mi ucciderò».