Arresto Matteo Messina Denaro, conferenza stampa integrale del Comando Legione Carabinieri Sicilia:
Matteo Messina Denaro non era solo alla clinica La Maddalanea. Insieme a lui, infatti, è stato arrestato anche Giovanni Luppino, di Campobello di Mazara, accusato di favoreggiamento.
Commerciante di olive, agricoltore di mestiere, incensurato, è stato lui a portare Messina Denaro in macchina a Palermo. Luppino è di Campobello di Mazara, paese vicino a Castelvetrano, città natale del boss. Da qualche tempo gestiva, insieme ai figli, un centro per l’ammasso delle olive cultivar Nocellara del Belìce proprio alla periferia di Campobello di Mazara. La sua funzione è quella di intermediario tra i produttori e i grossi acquirenti che, in zona, arrivano dalla Campania.
Intanto sono state perquisite alcune abitazioni di Campobello di Mazara e Castelvetrano. Uomini del Ros dei carabinieri e del comando provinciale di Trapani sono entrati anche in casa dei parenti di Messina Denaro.
A Campobello di Mazara i carabinieri hanno perquisito anche la casa del fratello, Salvatore Messina Denaro, mentre a Castelvetrano i militari sono andati nell’abitazione della sorella Patrizia Messina Denaro, dove vive anche la mamma del boss, Enza Santangelo.
«Abbiamo catturato l’ultimo stragista responsabile delle stragi del 1992-93». Così il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia ha aperto al conferenza stampa per l’arresto di Matteo Messina Denaro.
«Siamo particolarmente orgogliosi del lavoro portato a termine questa mattina che conclude un lavoro lungo e delicatissimo».
«Siamo particolarmente orgogliosi per questo lavoro che ci ha consentito di arrestate l’ultimo boss stragista di Cosa nostra. È un debito che la Repubblica aveva con le vittime della mafia che in parte abbiamo saldato». Lo ha detto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia alla conferenza stampa sull’arresto di Messina Denaro. «Catturare un latitante pericoloso senza ricorso alla violenza e senza manette è un segno importante per un paese democratico».
Così il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia alla conferenza stampa sull’arresto di Messina Denaro.
«Esprimo il mio grazie al collega Paolo Guido che ha portato avanti le indagini in modo magistrale e il mio affetto e riconoscimento all’Arma e al Ros che abbiamo visto lavorare in modo indefesso», continua.
Il comandante Ros: lavoro dei carabinieri durante le feste di Natale
«È il risultato di un lavoro corale che si è svolto nel tempo, che si è basato sul sacrificio dei carabinieri in tanti anni. L’ultimo periodo, quelle delle feste natalizie, i nostri lo hanno trascorso negli uffici a lavorare e a mettere insieme gli elementi che ogni giorno si arricchivano sempre di più e venivano comunicati. La Procura era aperta anche all’antivigilia, è stato uno sforzo corale».
Lo ha detto Pasquale Angelosanto, comandante del Ros, nella conferenza stampa a Palermo sull’arresto di Matteo Messina Denaro.
«Senza intercettazioni non si possono fare le indagini di mafia»: lo ha sottolineato il capo dei pm di Palermo Maurizio De Lucia alla conferenza stampa sulla cattura di Messina Denaro.
De Lucia: nessun elemento su complicità clinica
«Allo stato non abbiamo elementi per parlare di complicità del personale della clinica anche perchè i documenti che esibiva il latitante erano in apparenza regolari, ma le indagini sono comunque partite ora». Lo ha detto il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia alla conferenza stampa sulla cattura di Messina Denaro.
I Ros: Messina Denaro preso in strada, non ha tentato fuga
Matteo Messina Denaro è stato bloccato in strada, nei pressi di un ingresso secondario della clinica La Maddalena. Lo hanno spiegato i carabinieri del Ros nel corso della conferenza stampa sull’arresto del boss di Cosa Nostra, spiegando che il blitz è scattato quando «abbiamo avuto la certezza che fosse all’interno della struttura sanitaria».
Quando è stato bloccato, hanno aggiunto, Messina Denaro «non ha opposto alcuna resistenza» e «si è subito dichiarato, senza neanche fingere di essere la persona di cui aveva utilizzato l’identità». Alla domanda se Messina Denaro abbia tentato la fuga, gli investigatori hanno affermato di «non aver visto tentativi di fuga» anche se, hanno aggiunto, «sicuramente ha cercato di adottare delle tutele una volta visto il dispositivo che stava entrando nella struttura».
«Negli ultimi anni solo l’Arma ha eseguito 100 arresti di uomini vicini a Messina Denaro e sequestrato e confiscato 150 milioni. A questi numeri bisogna aggiungere i dati di Polizia e Finanza. Questo lavoro ha compromesso il funzionamento della struttura mafiosa».
Lo ha detto il capo del Ros, generale Angelosanto alla conferenza stampa sulla cattura di Messina Denaro.
Il generale Angelosanto: la certezza che fosse lui solo stamattina
La «certezza» che dietro il nome di Andrea Bonafede si nascondesse il boss Matteo Messina Denaro gli investigatori la hanno avuta «solo questa mattina».
Lo ha spiegato il comandante del Ros, il generale Pasquale Angelosanto, ricostruendo gli ultimi passaggi dell’indagine che ha portato alla sua cattura.
«Già in passato avevamo indicazioni che avesse problemi di salute e su queste indicazioni – ha detto – abbiamo lavorato in modo da individuare le persone» che avevano accesso alla struttura sanitaria e che avevano una particolare patologia. «Nell’ultimo periodo – ha aggiunto Angelosanto – c’è stata un’accelerazione perché via via che si scremava la lista e si scremavano le persone, ci siamo concentrati su pochi soggetti fino ad individuare quel nome e cognome. Da qui l’ipotesi che potesse essere il latitante». A quel punto è scattata l’organizzazione del blitz. E «fatte le ultime verifiche – ha concluso Angelosanto – la certezza che fosse lui è arrivata solo questa mattina».
I particolari sull’arresto del boss Matteo Messina Denaro forniti in una conferenza stampa della Procura di Palermo e del Ros dell’Arma alle 17 nella caserma della Legione dei carabinieri di Palermo.
Nessun confidente, nessun pentito. Alla cattura del boss Matteo Messina Denaro i magistrati palermitani e i carabinieri del Ros sono arrivati con quella che si definisce una indagine tradizionale.
Da almeno tre mesi gli inquirenti analizzavano le conversazioni dei familiari del capomafia intercettati. Spunti e battute di chi sa che è sotto controllo ma non può fare a meno di parlare, da cui è emerso che il padrino di Castelvetrano era gravemente malato, tanto da aver subito due interventi chirurgici.
Uno per un cancro al fegato, l’altro per il morbo di Crohn. Una delle due operazioni peraltro era avvenuta in pieno Covid. Sono partite da qui le indagini. I magistrati e i carabinieri hanno scandagliato le informazioni della centrale nazionale del ministero della Salute che conserva i dati sui malati oncologici.
Confrontando le informazioni captate con quelle scoperte gli inquirenti sono arrivati a certo un numero di pazienti. L’elenco si è ridotto sulla base dell’età, del sesso e della provenienza che, sapevano i pm, avrebbe dovuto avere il malato ricercato. Alla fine tra i nomi sospetti c’era quello di Andrea Bonafede, nipote di un fedelissimo del boss, residente a Campobello di Mazara. Dalle indagini però è emerso che il giorno dell’intervento, scoperto grazie alle intercettazioni, Bonafede era da un’altra parte. Quindi il suo nome era stato usato da un altro paziente.
Le indagini hanno poi confermato che stamattina Messina Denaro, alias Bonafede, si sarebbe dovuto sottoporre alla chemio. Certi di essere molto vicini al capomafia i carabinieri sono andati in clinica. Messina Denaro era arrivato con il suo favoreggiatore a bordo di un’auto. Vedendo i militari ha fatto per allontanarsi, ma è stato bloccato.
Luzi: preso grazie al metodo Dalla Chiesa
«Matteo Messina Denaro è stato catturato grazie al metodo Dalla Chiesa, cioè la raccolta di tantissimi dati informativi dei tanti reparti dei carabinieri, sulla strada, attraverso intercettazioni telefoniche, banche dati dello Stato, delle regioni amministrative per portare all’arresto di questa mattina». Lo dice il comandante dei carabinieri Teo Luzi, arrivato a Palermo.
«Una grande soddisfazione perché è un risultato straordinario – aggiunge Luzi -. Messina Denaro era un personaggio di primissimo piano operativo, ma anche da un punto di vista simbolico perché è stato uno dei grandi protagonisti dell’attacco allo Stato con le stragi. Risultato reso possibile dalla determinazione e dal metodo utilizzato. Determinazione perché per 30 anni abbiamo voluto arrivare alla sua cattura soprattutto in questi ultimi anni con un grandissimo impiego di personale e di ricorse strumentali».
«Un risultato – conclude Luzi – grazie al lavoro fatto anche dalle altre forze di polizia particolare dalla polizia di Stato. La lotta a cosa nostra prosegue. Il cerchio non si chiude. E’ un risultato che dà coraggio che ci dà nuovi stimoli ad andare avanti e ci dà metodo di lavoro per il futuro, la lotta alla criminalità organizzata è uno dei temi fondamentali di tutti gli stati».