PoliticaNews

TAR Palermo: L’avv. Annalisa Petitto resta in consiglio comunale a Caltanissetta 

Il TAR di Palermo, all’esito della udienza pubblica del 10 novembre 2022, ha messo la parola fine sulla  legittima composizione del consiglio comunale di Caltanissetta, accogliendo in toto la tesi della consigliera avv.Annalisa Petitto assistita e difesa dall’avvocato Umberto Ilardo. 

L’avv. Petitto resta, pertanto,  in consiglio comunale. 

Il ricorso del ex consigliere Giuseppe Difrancesco, del movimento 5 stelle, è stato rigettato con relativa condanna alle spese di giudizio in favore dell’ufficio centrale elettorale presso la Corte d’Appello di Caltanissetta il cui operato è stato ritenuto pienamente legittimo, nonché nei confronti della stessa avvocatessa Petitto. “Sono molto soddisfatta dell’esito del giudizio che ha confermato la piena legittimità del seggio in consiglio comunale dal quale, per l’ennesima volta, il Sindaco Roberto Gambino e la sua parte politica hanno tentato di estromettermi. Resto al servizio della mia amata città con sempre maggiore entusiasmo e determinazione, consapevole che potrò ancora rappresentarla, difenderla e lottare per le tante mancanze dell’attuale amministrazione”. 

Allegata sentenza TAR integrale: 

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1088 del 2022, proposto da Giuseppe Difrancesco, rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Vigneri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ufficio Centrale Elettorale c/o Corte Appello di Caltanissetta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale n. 6;

Comune di Caltanissetta, non costituito in giudizio;

nei confronti

Annalisa Maria Petitto, rappresentata e difesa dall’avvocato Umberto Ilardo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

del verbale delle operazioni dell’Ufficio centrale elettorale di Caltanissetta del 30 maggio 2022 e di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali;

e, per l’effetto, per la sostituzione dell’avv. Annalisa Petitto con il sig. Giuseppe Difrancesco, come candidato eletto al Consiglio Comunale del Comune di Caltanissetta.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ufficio Centrale Elettorale c/o Corte Appello di Caltanissetta e di Annalisa Maria Petitto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2022 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, ritualmente notificato e depositato, il ricorrente chiede l’annullamento e la correzione degli atti delle operazioni elettorali relativi alle consultazioni per il rinnovo del Consiglio Comunale del Comune di Caltanissetta.

In particolare, chiede l’annullamento del verbale delle operazioni dell’Ufficio centrale elettorale di Caltanissetta del 30 maggio 2022, con cui è stata rigettata l’istanza di autotutela, avanzata dal ricorrente, di ripristinare la sua surroga, quale componente del Consiglio, in luogo di Annalisa Maria Petitto, subentrata, a dire del primo, in forza di una normativa dichiarata incostituzionale.

Espone che:

– nel 2019, l’Avv. Annalisa Petitto ha proposto innanzi a questo TAR ricorso(n. 1289/19) con cui ha impugnato gli atti elettorali che (in un contesto in cui il 60% dei 24 seggi conduceva, aritmeticamente, al numero di 14,4) concretizzavano nella attribuzione di 15 seggi il premio di maggioranza in favore della lista del “Movimento 5 Stelle”, collegata col sindaco vincente, attribuendo alla stessa un seggio in più, che, in caso contrario, sarebbe stato (come poi è stato) alla stessa attribuito (quale avente titolo in una lista di opposizione, denominata “progressisti

 per Caltanissetta”, di area politica di sinistra, ossia “PD”);

– nel corso del giudizio è intervenuta la L.R. Sic. 3 marzo 2020 n.6, il cui art. 3 ha espresso, in chiave di norma di interpretazione autentica il seguente principio: «1. Il comma 6 dell’articolo 4 della legge regionale 15 settembre 1997, n. 35 e successive modifiche ed integrazioni si interpreta nel senso che, per i casi nei quali la percentuale del 60 per cento dei seggi non corrisponda ad una cifra intera ma ad un quoziente decimale, l’arrotondamento si effettua per eccesso in caso di decimale uguale o superiore a 50 centesimi e per difetto in caso di decimale inferiore a 50 centesimi»;

– l’Ufficio Centrale Elettorale, in data 17 luglio 2020 ha proclamato l’elezione dell’allora ricorrente Annalisa Petitto che, con deliberazione del Consiglio Comunale di Caltanissetta del 27 luglio 2020, n. 20, si è insediata nel Consiglio Comunale in luogo del ricorrente;

– a seguito di tali atti, questo TAR, con sentenza n. 2216 del 24 ottobre 2020 ha dichiarato l’improcedibilità del sopra citato ricorso per sopravvenuta carenza di interesse;

– la Corte Costituzionale, con sentenza del 10 marzo 2022, n. 61, ha dichiarato l’incostituzionalità del predetto art. 3, L.R. Sic. 6/2020.

– conseguentemente il ricorrente ha richiesto all’Ufficio centrale elettorale del Comune di Caltanissetta di ripristinare la composizione del Consiglio Comunale. L’Ufficio Centrale Elettorale del Comune di Caltanissetta ha deciso di non accogliere l’istanza di autotutela del ricorrente “giacché ogni rapporto giuridico inerente la questione della attribuzione dei seggi del Consiglio Comunale di Caltanissetta in conseguenza delle consultazioni elettorali dell’aprile maggio 2019 è ormai esaurito per le ragioni illustrate da pagina 1 a pagina 6 quale primo motivo delle controdeduzioni fatte pervenire dall’avv. Annalisa Petitto”.

Il ricorrente ha dunque impugnato il verbale del 30 maggio 2022, con il quale predetto Ufficio Centrale Elettorale, riconvocatosi a seguito della istanza del ricorrente del 10 maggio 2022, ha espressamente condiviso le deduzioni difensive svolte dalla controinteressata, articolando le seguenti censure che possono essere così sintetizzate:

1) contrariamente a quanto ritenuto dall’amministrazione, nella misura in cui sarebbe ancora possibile l’esercizio del potere (sostanziale) di annullamento in autotutela, il rapporto non sarebbe, e non potrebbe comunque dirsi, esaurito;

2) vi sarebbe un evidente disparità di trattamento tra quanto fatto dal medesimo Ufficio a luglio 2020 (allorché, a seguito della L.R. Sic. 6/2020, procedette alla proclamazione della Petitto) e quanto fatto, con l’atto impugnato di diniego dell’autotutela); inoltre la proclamazione del 17 luglio 2020 sarebbe intervenuta in contrasto con una Circolare n. 3675 del 26 marzo 2020 con cui l’Assessorato Regionale delle Autonomie Locali, all’indomani dell’emanazione della norma in questione, avrebbe precisato che la disciplina interpretativa introdotta dall’art. 3 della l.r. 3 marzo 2020 n. 6, “trova applicazione dalla prossima tornata elettorale amministrativa, e non può, ovviamente, incidere sull’assegnazione numerica dei seggi corrispondenti ai premi di maggioranza, così come già calcolati ed assegnati dagli Uffici Centrali nelle precedenti elezioni amministrative del 28 aprile 2019”. Sebbene ritualmente intimato il Comune di Caltanissetta non si è costituito in giudizio.

Si è costituita l’Avvocatura dello Stato per le altre Amministrazioni intimate la quale ha eccepito: 1) il difetto di legittimazione passiva dell’Ufficio Centrale Elettorale presso la Corte d’Appello di Caltanissetta, atteso che per pacifica giurisprudenza, la legittimazione passiva nel giudizio elettorale è riconducibile soltanto all’ente locale interessato, il quale si appropria del risultato elettorale e sul quale si riverberano gli effetti dell’annullamento o della conferma della proclamazione degli eletti; 2) il difetto di legittimazione passiva dell’Assessorato regionale delle Autonomie, non essendo stato impugnato alcun atto o censurato alcun comportamento ad esso imputabile.

Si è altresì costituita la controinteressata Annalisa Petitto che ha eccepito

l’inammissibilità del ricorso nonché la sua infondatezza nel merito.

Alla pubblica udienza del 10 maggio 2022, il ricorso è stato trattenuto in decisione. In via preliminare il Collegio rileva che va disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata dalla difesa erariale.

Vero è infatti che, in generale, nei giudizi elettorali dinanzi al giudice amministrativo l’individuazione della P.A. cui compete la qualità di parte va effettuata non già in base al criterio dell’imputazione formale degli atti contestati, bensì secondo quello dell’imputazione dei risultati della consultazione, con la conseguenza che rispetto alle elezioni comunali parte necessaria è il Comune, e non già l’Amministrazione statale cui appartengono gli organi preposti alle operazioni e che la legittimazione passiva è riconducibile, pertanto, solo all’ente locale interessato, il quale si appropria del risultato elettorale e vede riverberarsi su di sé gli effetti dell’annullamento o della conferma della proclamazione degli eletti (cfr., ex multis, T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 31/01/2020, n. 260). Tuttavia, nel caso di specie, il ricorrente impugna un atto dell’Ufficio Centrale Elettorale di Caltanissetta del 30 maggio 2022, successivo alle elezioni, con cui è stata rigettata l’istanza di autotutela, avanzata dal ricorrente il quale contesta le ragioni del diniego ivi contenute di talché il predetto Ufficio deve ritenersi legittimato passivo nel presente giudizio. Per il resto osserva il Collegio che nessuna domanda è stata proposta dal ricorrente contro l’Assessorato delle Autonomie locali e della Funzione pubblica della Regione Siciliana che, pertanto, non è parte del presente giudizio.

Passando al merito delle censure proposte, rileva il Collegio che il ricorso è complessivamente infondato alla stregua di quanto appresso specificato.

L’art. 136 Cost. e l’art. 30 della L. 11 marzo 1953 n. 87 stabiliscono che dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza la norma dichiarata incostituzionale non possa essere più applicata; è opinione consolidata che dai citati articoli derivi il principio secondo il quale la pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma di legge determini la cessazione della sua efficacia erga omnes con effetto retroattivo in relazione alle questioni ancora pendenti, mentre sui i c.d. “rapporti esauriti” non spiega effetti. Per tali rapporti si intendono, altrettanto pacificamente, le situazioni ormai consolidate che derivano da un giudicato, da un atto amministrativo divenuto inoppugnabile, ovvero da prescrizioni o decadenze.

La giurisprudenza è chiara sul punto: «La dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma rileva anche nei processi in corso, ma non incide sugli effetti irreversibili già prodottisi, in quanto la retroattività degli effetti della dichiarazione di incostituzionalità incontra un limite negli effetti che la stessa, ancorché successivamente rimossa dall’ordinamento, abbia irrevocabilmente prodotto qualora resi intangibili dalla preclusione nascente o dall’esaurimento dello specifico rapporto giuridico disciplinato dalla norma espunta dall’ordinamento giuridico oppure dal maturare di prescrizioni e decadenze ovvero, ancora, dalla formazione del giudicato” (Consiglio di Stato sez. IV 03 novembre 2015 n. 5012). Ed anche: “I provvedimenti amministrativi, in ragione delle evidenti esigenze di certezza dell’ordinamento, sono assistiti da una presunzione di validità, superabile solo ove la contestazione intervenga nei ristretti termini decadenziali previsti dalla legge ed il giudice, in accoglimento della domanda pronunci sentenza demolitoria in tal senso; di conseguenza il provvedimento amministrativo non impugnato ben può considerarsi atto di autoritativa ed esauriente regolazione del rapporto, non più controvertibile, finanche in ipotesi di sopravvenuta invalidità della legge che ne abbia fondato o disciplinato l’emanazione. La sopravvenuta caducazione della legge non vale dunque ad invalidare anche i provvedimenti amministrativi che ne abbiano fatto incontestata applicazione” (Consiglio di Stato sez. IV 03 marzo 2014 n. 993). Per T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 8 giugno 2016 n. 2898: “In base al combinato disposto dell’art. 136 Cost. e dell’art. 30, l. 11 marzo 1953 n. 87, la pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma di legge determina la cessazione della sua efficacia erga omnes ed impedisce, dopo la pubblicazione della sentenza, che essa possa essere applicata ai rapporti, in relazione ai quali la norma dichiarata incostituzionale risulti ancora rilevante, stante l’effetto retroattivo dell’annullamento, escluso solo per i c.d. rapporti esauriti. In particolare, nel caso in cui, sulla base di una norma poi dichiarata incostituzionale, sia stato emanato un atto amministrativo, la declaratoria di illegittimità non determina la caducazione automatica dell’atto dell’autorità, quanto piuttosto l’illegittimità o invalidità – sopravvenuta per violazione della legge costituzionale – dello stesso che dovrà essere rimosso, anche a seguito di rilievo ex officio, da una pronunciadel giudice titolare del potere di annullamento (e, in particolare, del giudice a quo che di tale potestà sia provvisto) o da un provvedimento adottato in via di autotutela dall’Amministrazione. Ciò in quanto non esiste tra legge e atto amministrativo un rapporto di consequenzialità, essendo essi il risultato di differenti procedimenti – indipendentemente dall’influenza che l’uno possa esercitare sull’altro – ed espressione di differenti e autonome funzioni dello Stato. Tuttavia, affinché il giudice possa procedere alla caducazione dell’atto divenuto illegittimo a seguito di successiva declaratoria di illegittimità costituzionale, è necessario che l’atto sia stato tempestivamente impugnato, in quanto, seppure sia fuori di dubbio che la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma abbia rilevanza nei processi in corso, essa, però, non incide sugli effetti irreversibili già prodottisi, poiché la retroattività degli effetti della dichiarazione di incostituzionalità incontra un limite negli effetti che la norma, ancorché successivamente rimossa dall’ordinamento, abbia irrevocabilmente prodotto qualora resi intangibili dalla preclusione nascente o dall’esaurimento dello specifico rapporto giuridico disciplinato dalla norma espunta dall’ordinamento giuridico oppure dal maturare di prescrizioni o decadenze ovvero, ancora, dalla formazione del giudicato. Questo perché, nel caso di sopravvenuta illegittimità costituzionale della norma posta a base del potere esercitato è necessario, sul piano processuale, coordinare il principio della rilevabilità d’ufficio della questione di costituzionalità con il principio della domanda che caratterizza il processo amministrativo. La questione può essere rilevata d’ufficio, purché la parte abbia introdotto nel processo i fatti

principali su cui il giudice deve pronunciarsi. In particolare, è necessario che il ricorrente abbia impugnato il provvedimento amministrativo, facendo valere, mediante la formulazione di censure, la sua illegittimità per contrasto con la norma, senza che sia necessario avere anche indicato, tra i motivi, l’illegittimità costituzionale della norma”» (Cons. Stato, sez. I, parere n. 1442/2017).

Nella fattispecie in esame il ricorrente propone un’azione di annullamento di un atto dallo stesso qualificato quale provvedimento conclusivo di un procedimento di autotutela e definito atto di natura sostanziale nel quale sarebbero state formulate dall’amministrazione nuove valutazioni espresse in seno ad una rinnovata istruttoria.

Tuttavia omette di considerare che avrebbe dovuto impugnare: a) il provvedimento con cui l’Ufficio elettorale, in data 17 luglio 2020, in accoglimento dell’istanza della controinteressata, ha revocato la surroga del ricorrente; b) la deliberazione del Consiglio Comunale del 27 luglio 2020, n. 20, con cui è stata confermata la revoca del ricorrente a seguito della quale la controinteressata si è insediata nel Consiglio Comunale.

Il ricorrente non ha impugnato detti provvedimenti (con la conseguenza che gli stessi si sono consolidati) ma ha impugnato solo il verbale del 30 maggio 2022 con il quale è stata rigettata la richiesta di autotutela così, di fatto, cercando di superare, mediante l’invocazione della sentenza della Corte Costituzionale, le decadenze in cui è incorso.

In proposito non può non considerarsi che se l’intervenuta inoppugnabilità del provvedimento non impedisce comunque all’amministrazione di annullare, o comunque ritirare, l’atto per sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata nell’esercizio del potere, in senso opposto non può dirsi che l’agognata rimozione in autotutela del provvedimento costituisca l’inesorabile sbocco dell’avviato procedimento di secondo grado. E ciò tanto più se si considera l’ampia discrezionalità che connota il potere di autotutela e l’intervenuto

inoppugnabilità del provvedimento in tesi da ritirare fra l’avvio e la chiusura di detto procedimento (cfr. C.G.A. 8 marzo 2022, n. 292).

Ne consegue che il ricorrente avrebbe dovuto impugnare i provvedimenti del mese di luglio 2020, di cui sopra si è detto, e ciò al fine di evitare che gli stessi divenissero inoppugnabili, non potendo, poi, pretendere, mediante l’impugnazione di un diniego di autotutela (autotutela peraltro non doverosa), cercare di modificare un assetto di interessi già definito e consolidato.

Inoltre rileva il Collegio che non è comunque condivisibile la tesi di parte ricorrente secondo la quale non è solo l’esistenza di un giudicato a qualificare il rapporto come esaurito in quanto accanto ad un “esaurimento processuale del rapporto” sussisterebbe, ai fini del definitivo consolidamento, anche un “esaurimento sostanziale”, ossia una situazione in cui non vi sia più alcun margine di revisione della questione o di applicabilità della normativa dichiarata incostituzionale.

Ed invero, la mancata impugnazione della proclamazione della controinteressata, è una circostanza insuperabile che vale a qualificare esaurito il rapporto; in ogni caso anche quello qualificato da parte ricorrente quale “esaurimento sostanziale del rapporto” si era già realizzato, atteso che i diciotto mesi (ex art. art. 21-novies, comma 1, Legge 241/1990) da tale proclamazione (sia che si consideri la data del 17 luglio 2020 sia che si consideri quella della deliberazione consiliare del 27 luglio 2020) erano già decorsi (rispettivamente in data 27 gennaio 2022), non solo prima della istanza di autotutela del ricorrente (datata 10 maggio 2022), ma addirittura prima della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale del 10 marzo 2022 n. 61.

Ne consegue che, in maniera corretta, l’Ufficio Centrale Elettorale del 30 maggio 2022, lungi dallo svolgere un’istruttoria carente o insufficiente, ha rigettato l’istanza di autotutela del ricorrente, ritenendo che ad essa ostasse l’avvenuto esaurimento del rapporto; donde l’infondatezza del primo motivo di ricorso.

A fronte di ciò, del tutto irrilevanti si appalesano le considerazioni svolte da parte ricorrente nel secondo motivo in ordine ad una presunta disparità di trattamento in relazione a quanto fatto dal medesimo Ufficio a luglio 2020 (allorché, a seguito della L.R. Sic. 6/2020, procedette alla proclamazione della controinteressata), ovvero in ordine al presunto contrasto con la circolare n. 3675 del 26 marzo 2020 adottata dall’Assessorato Regionale delle Autonomie Locali, all’indomani dell’emanazione della norma in questione (contenente precisazioni sulla disciplina interpretativa introdotta dall’art. 3 della L.r. 3 marzo 2020 n. 6).

In conclusione, stante la legittimità dell’operato dell’amministrazione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza tra le parti costituite e sono liquidate in dispositivo; nulla va disposto per le spese nei confronti del Comune di Caltanissetta, in quanto non costituito in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio che liquida in € 1.000,00 oltre accessori in favore dell’Ufficio Centrale Elettorale c/o Corte Appello di Caltanissetta ed in € 1.500,00 oltre accessori in favore di Annalisa Maria Petitto; nulla per le spese nei confronti del Comune di Caltanissetta.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2022 con l’intervento dei magistrati:

Salvatore Veneziano, Presidente

Anna Pignataro, Consigliere

Francesco Mulieri, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE Francesco Mulieri

IL PRESIDENTE Salvatore Veneziano

Articoli Simili

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto