I finanzieri di Palermo hanno eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di 10 persone, una finita in carcere, 4 ai domiciliari e 5 destinatari di obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria nell’ambito di una indagine su un giro di tangenti per centinaia di migliaia di euro e gare truccate per 700 mln in alcune aziende sanitarie siciliane. Per tre è stata disposta la misura interdittiva di un anno. Gli indagati sono accusati a vario titolo di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, riciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti. Con lo stesso provvedimento il gip ha disposto il sequestro di oltre 700mila euro che sarebbe il prezzo della corruzione, e, a carico di 3 società, il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per un anno. Le indagini, coordinate dal procuratore Maurizio de Lucia, sono state condotte dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Gruppo Tutela Spesa Pubblica di Palermo, e sono la prosecuzione dell’inchiesta denominata «Sorella Sanità», che, a maggio del 2020, ha portato all’esecuzione di misure cautelari personali nei confronti di 13 persone, tra i quali i manager dell’Asp di Trapani e Palermo, Fabio Damiani e Antonio Candela, già processati e condannati in primo grado. Le indagini hanno accertato nuove ipotesi di corruzione e di turbativa relative ad altre gare pubbliche in ambito sanitario.
Sono complessivamente tre gli indagati agrigentini nell’inchiesta della Procura della Repubblica di Palermo, su un vasto giro di mazzette per aggiudicarsi gare da milioni di euro con Asp e Regione. Il canicattinese Cataldo Manganaro, 70 anni, di Canicattì, che fu sindaco Dc dal settembre al novembre del 1985 prima, e dall’ottobre del 1992 al settembre del 1993, è stato posto agli arresti domiciliari. Indagati, ma non raggiunti da misure cautelari, anche il figlio Salvatore di 46 anni, e l’avvocato racalmutese Calogero Mattina, di 66 anni.
Nel mirino, dove sono coinvolti gli agrigentini, è finita una gara d’appalto per la fornitura dei vettori energetici e per la gestione, conduzione e manutenzione degli impianti tecnologici destinati al servizio delle articolazioni centrali e territoriali dell’Asp 6 di Palermo, dal valore complessivo di 126.490.000 euro, per la durata di 9 anni.
Cataldo Manganaro è accusato di aver “ricevuto somme di denaro, in concorso morale e materiale con Fabio Damiani (direttore del dipartimento Gestione risorse economico/finanziarie, provveditorato e tecnico dell’azienda sanitaria provinciale 6 di Palermo), e quantomeno con il figlio Salvatore Manganaro (per i quali si procede nell’ambito di un altro procedimento penale della Procura di Palermo) da Crescenzo De Stasio (direttore unità di business Centro Sud di Siram Spa) e Angelo Montisanti (responsabile d’area di Siram e amministratore delegato di Sei Energia Scarl), per i quali pure si procede in un altro procedimento penale. A Salvatore Manganaro e Fabio Damiani sono state consegnate somme di denaro ammontanti, in un una circostanza, a 100.000 euro e nel corso dell’esecuzione dell’appalto, almeno 592.444,47 euro, in cambio dell’omissione di atti di ufficio e del compimento di atti contrari ai doveri di ufficio, quantomeno da parte di Damiani”.
Padre e figlio, ma anche l’avvocato Calogero Mattina sono indagati anche “per avere, in concorso morale e materiale tra loro, mediante promesse, collusioni e mezzi fraudolenti, turbato la gara bandita dall’Asp di Palermo in data 5.11.2013, avente ad oggetto l’appalto per la fornitura dei vettori energetici e per la gestione, conduzione e manutenzione degli impianti tecnologici destinati al servizio delle articolazioni centrali e territoriali dell’Asp, dal valore complessivo di 126.490.000 euro”.
Giovanni Luca Vancheri 53 anni, di Caltanissetta funzionario dell’Asp di Enna, arrestato per corruzione e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente. Ai domiciliari è andato Stefano Mingardi, 57 anni di Trezzano sul Naviglio (Mi), avvocato, indagato per riciclaggio ed emissione di fatture false; Loreto Li Pomi, 59 anni, palermitano, luogotenente dei Carabinieri, in servizio al Nas, indagato per tentata turbata libertà degli incanti; Giuseppe Bonanno, 45 anni di Caltanissetta, referente della società Althea Spa, indagato per corruzione; Cristian Catalano, 40 anni di Palermo, referente della società Althea spa, indagato per corruzione. Obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria per Luigi Giannazzo, 56 anni di Catania, amministratore delegato della società Dedalus Italia Spa, indagato per corruzione; Giuseppe Gallina, 54 anni di Carini (Pa), amministratore della società Healtech srll, indagato per riciclaggio ed emissione di fatture false; Alberto Vay, 49 anni di Villarbasse (To), dirigente della società Vivisol srl, indagato per turbata libertà degli incanti e corruzione; Claudio Petronio, 67 anni, Molteno (Lc), dirigente della società Vivisol srl, indagato per turbata libertà degli incanti e corruzione; Massimiliano D’Aleo, 47 anni,di Altavilla Milicia, referente della società Generay srl, indagato per tentata turbata libertà degli incanti. Divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per Healtech srl, esercente attività di «riparazione e manutenzione di apparecchi medicali», con sede a Carini (PA); Vivisol srl, esercente attività di «fabbricazione di medicinali e preparati farmaceutici», con sede a Monza e Althea spa esercente attività di «riparazione e manutenzione di apparecchi medicali», con sede a Roma.
Sarebbero sei le gare truccate. I finanzieri del Nef di Palermo avrebbero scoperto una tangente da 700 mila euro versata al presidente della commissione di gara e a un faccendiere dalla società che si è aggiudicata l’appalto da 12,4 milioni di euro per la realizzazione, gestione e manutenzione del sistema informativo dell’Asp 6 di Palermo . Una seconda tangente sarebbe stata corrisposta a un pubblico ufficiale e a un complice nell’ambito di due gare da oltre 220 milioni per la fornitura di apparecchiature elettromedicali, gestite rispettivamente dalla Regione Siciliana e dall’Asp di Palermo. Grazie ad un consulente legale, sarebbero stati predisposti dalla società aggiudicataria contratti meramente formali di manutenzione di apparecchiature con l’unica finalità di giustificare, grazie all’utilizzo di fatture false, il passaggio di somme di denaro tramite un’impresa compiacente. Soldi poi arrivati ai corrotti.
Le indagini hanno riguardato anche l’ipotesi di un tentativo di turbativa di una procedura di gara ad evidenza pubblica da parte, tra gli altri, di un appartenente alle forze dell’ordine. Gli investigatori avrebbero ricostruito inoltre episodi di corruzione e turbative d’asta per due importanti gare una nella Siiclia occidentale, l’altra in quella orientale. Sotto la lente degli inquirenti è finita la gara pubblica del valore di 227,6 milioni di euro indetta per l’affidamento dei servizi di pulizia in ambito sanitario. In questo caso l’ipotesi di reato è turbativa d’asta e sarebbero emerse responsabilità di un pubblico ufficiale dell’Asp di Enna, in qualità di consulente della Regione Siciliana. Altro filone di indagine riguarda due dirigenti di una società nel settore sanitario che, per avere la prosecuzione di un contratto di 140 milioni per l’assistenza domiciliare respiratoria per il bacino orientale dell’isola avrebbero tentato di corrompere un funzionario dell’Asp di Enna. Infine, altro appalto finito sotto inchiesta è quello dell’affidamento del servizio di ossigenoterapia domiciliare relativo alle aziende del bacino occidentale della regione Sicilia, del valore di 66,4 milioni di euro. Il presidente della commissione di gara avrebbe rivelato informazioni riservate ai dirigenti della società aggiudicatrice dell’appalto, in cambio della promessa di una tangente pari all’1% dell’importo di gara e soggiorni in hotel di lusso.
Ci sono anche le dichiarazioni di due ex indagati, poi condannati, nell’inchiesta sulle gare truccate nella sanità siciliana che oggi ha portato a 10 misure cautelari. Fabio Damiani, ex manager dell’Asp di Trapani e responsabile della centrale unica di committenza degli appalti e il manager Salvatore Manganaro, condannati rispettivamente a sei anni e sei mesi e a quattro anni e quattro mesi nella prima tranche dell’inchiesta di due anni fa, hanno dato agli inquirenti input importanti.
“Non può che affermarsi la piena attendibilità di entrambi gli indagati- scrive il gip nel provvedimento – i quali hanno reso racconti specifici, dettagliati e riscontrati. Il racconto degli indagati appare circostanziato, esattamente collocato nel tempo rappresentando un’esatta ricostruzione degli eventi e soprattutto del loro succedersi ed evolversi nel tempo».