In una riunione partecipata, il Movimento piùCittà di Caltanissetta, è tornato a riunirsi.
Abbiamo atteso si stemperasse il clamore delle valutazioni attorno agli esiti delle ultime elezioni nazionali e regionali del 25 settembre, per tentare di comprendere “sine ira et studio” se il nostro pluriennale percorso civico potesse considerarsi concluso o ancora necessario.
La presenza di una nostra iscritta e socia fondatrice, Marina Castiglione, all’interno delle liste del Partito Democratico è stata da noi vissuta come una scommessa e una opportunità. La scommessa stava nell’apertura di un partito strutturato alla società civile che noi proviamo a rappresentare e l’opportunità era quella di vederci protagonisti, con il nostro stile e il nostro metodo, di un momento storico e sociale nevralgico.
La campagna elettorale ci ha visti fianco a fianco sia nei momenti pubblici delle conferenze stampa e dei dibattiti all’aperto, sia nella preparazione dei temi di discussione.
Con la chiusura delle urne e lo spoglio ci sembra di potere verificare alcuni fatti oggettivamente e quantitativamente incontestabili: il 52% della popolazione siciliana non ha espresso alcuna scelta circa le proprie rappresentanze al parlamento regionale e nazionale; la proposta elettorale indipendente di Marina Castiglione ha consentito, nel breve giro di quattro settimane, di far scegliere a più di 1000 cittadini il suo nome, sentendosi parte di un percorso libero e qualificato e di attivare, nelle due province di Caltanissetta e Agrigento, una importante (ma non sufficiente) affermazione anche per il Senato della Repubblica; l’aumento di voti rispetto alle analoghe elezioni di 5 anni fa è segno di una domanda di sinistra che va recepita in modo responsabile e meditato; la vittoria altrettanto incontestabile delle destre ha privato la città di rappresentanti locali nei Collegi uninominali di Camera e Senato.
Esistono, poi, le valutazioni politiche che, come tali, sono soggettive.
Siamo lontani dal frastuono della “resa dei conti” dentro le formazioni perdenti, ma ci sentiamo di dire alcune cose. Il PD ha perso, in questi anni, le buone pratiche che vedevano il partito dialogare con i settori più popolari della società, nell’ottica di una salvaguardia di valori sociali legati alla eguaglianza, giustizia, libertà, dialogo tra le parti. La presenza di un campo largo, che provasse a portare a sintesi posizioni non inconciliabili, avrebbe dato un profilo completamente diverso alle dinamiche e forse anche agli esiti di questa campagna elettorale. C’è bisogno, però, di una sinistra che animi e incarni le povertà, i bisogni degli ultimi, la quotidianità di chi è fuori dalle scacchiere del potere e dei potenti.
A nostro avviso occorre mettere in campo una strategia strutturata, intorno alla quale il civismo può fungere da agente lievitante. Se è vero che l’obiettivo è tornare a parlare alla gente, questo potrà avvenire solo attraverso presidi territoriali, che fungano da osservatori sociali sui diritti di cittadinanza e delle minoranze: il diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute, alla genitorialità, alla cultura, alla cura dell’ambiente, alla parità di genere, alla pace e così via. In tal orizzonte, guardiamo con fiducia alle buone prassi intraprese attraverso il Forum Disuguaglianze e Diversità di Fabrizio Barca. Si tratterebbe di una operazione strutturata e certamente complessa, che avrebbe bisogno di organizzazione, partecipazione dal basso, percorsi formativi e di conoscenza e di una visibile strategia comunicativa. Torniamo al nostro “pallino”: non manca la voglia dei cittadini di essere coinvolti, a mancare è la politica.
In questa fase non vogliamo né possiamo esprimere profezie o congetture sulle politiche di chi ha legittimamente vinto le elezioni: per guardare all’orizzonte regionale, possiamo soltanto augurarci che siano in forte discontinuità con lo sfacelo della sanità nissena e con l’abbandono più assoluto dei beni culturali locali, perpetrato consapevolmente in questi anni di governo Musumeci, e ci sentiamo di pretendere a gran voce che neanche un euro del PNRR e dei finanziamenti che arriveranno venga sottratto ai servizi pubblici, alle possibilità di lavoro per i giovani e meno giovani e alle infrastrutture territoriali.
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