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Agrigento. Beniamino Biondi: Pubblicato primo volume opere complete Ezio D’Errico

Agrigento, Beniamino Biondi: 

Annuncio, con sincera gioia, la pubblicazione del romanzo di Ezio D’Errico dal titolo “Qualcuno ha bussato alla porta”, primo volume della collana delle opere complete da me diretta, dopo anni di lavoro per la riscoperta di questo scrittore dimenticato, il più grande nato ad Agrigento dopo Luigi Pirandello. Il volume, pubblicato da Pungitopo con una mia nota critica e un risvolto di copertina scritto da Toti Ferlita, segna l’inizio di una rivalutazione complessiva dell’opera di D’Errico, cui seguiranno altri romanzi e racconti e l’edizione del teatro completo cui sto al momento lavorando.

Quasi nessuno conosce questo autentico genio, che la sorte ha voluto far nascere ad Agrigento. Sfortunato in vita, avendo dato al teatro italiano una profondità di respiro e un’acutezza di analisi che non vennero comprese, lo fu ancora di più dopo la sua morte, quando venne dimenticato, sparito dalle scene e dai cataloghi. Oggi, finalmente, grazie al mio lavoro di ricerca d’archivio e ai numerosi materiali ritrovati, e con l’impegno di un editore illuminato, Lucio Falcone, a cui si deve negli anni passati la pubblicazione delle opere complete di un altro grande drammaturgo siciliano, Beniamino Joppolo, finalmente Ezio D’Errico recupera lo spazio che gli appartiene con l’autorevolezza di una figura letteraria di primo piano che torna nelle librerie con il suo più famoso romanzo giallo – protagonista l’ispettore Richard, sorta di atipico Maigret italiano – e con la previsione delle successive opere, utili a riconfigurare il panorama critico sullo scrittore recuperando il suo nome dall’oblio, dopo l’assurda rimozione che il tempo gli ha riservato.

Ho tenuto molte conferenze su di lui, preparando un volume di saggi sulla sua opera, e anche di recente – ad un incontro presso il Teatro Pirandello, organizzato dall’Ordine dei Giornalisti – ho annunciato questa pubblicazione che vede la luce e che rappresenta, per la cultura di Agrigento, un momento di straordinaria ricchezza che pone la città, con Pirandello, ai vertici del rinnovamento teatrale italiano. Dopo la successiva pubblicazione del teatro completo, il mio preciso obiettivo è potere portare Ezio D’Errico in teatro con la regia di una sua commedia (mai rappresentata in Italia) in prima nazionale.

L’iniziativa di questa prima pubblicazione compie dunque un fondamentale passo per il riconoscimento di Ezio D’Errico come autore di statura europea, accanto ai grandi nomi della letteratura siciliana, e ne configura la parabola di drammaturgo tra i maggiori del Novecento.

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Per un breve profilo dello scrittore dimenticato.

 Il 21 aprile del 1972 fa moriva Ezio d’Errico, scrittore, pittore e drammaturgo, nato ad Agrigento nel 1892. Moriva nel più colpevole isolamento, circondato dai suoi quadri e con accanto solo la moglie. Autore di gialli pubblicati con Mondadori, di opere teatrali tradotte e rappresentate anche all’estero, tra i primi pittori astrattisti in Italia, d’Errico, una sorta di genio rinascimentale, è ancora un universo da esplorare.

Le sue vicende biografiche sembrano avvolte da un alone di mistero: lasciata presto la Sicilia si trasferisce a Parigi, dove tenta l’avventura di pittore e dove conosce artisti di rilievo. Poi, ritorna in Italia, a Torino, per insegnare disegno. Ma oltre alla bohème parigina, l’artista agrigentino dirige riviste di forte presa sul pubblico, come “Crimen” e dal 1936 in poi compone i primi racconti kafkiani e una ventina di romanzi gialli, negli stessi anni in cui dava alle stampe i suoi polizieschi Augusto De Angelis. Grazie proprio a quest’ultimo e a d’ Errico fa irruzione nel giallo italiano l’inquietudine, che mette in crisi la scienza della deduzione e il culto della logica; a dominare invece è l’intuizione, l’empatia psicologica del detective con le vittime e i sospettati. D’ Errico per i suoi polizieschi si ispira chiaramente al creatore di Maigret, tanto da guadagnarsi il soprannome di “Simenon italiano”: infatti, il personaggio da lui creato, l’ispettore Richard, conduce tutte le sue indagini in una Parigi fredda sì, ma sanguigna e popolare.

D’ Errico, che è meno conosciuto come giallista, è anche commediografo di successo, rappresentato in tutta la penisola; nel 1953 sarà Giorgio Strehler a mettere in scena la sua commedia intitolata “La sei giorni”. E mentre va pubblicando gialli come “Qualcuno ha bussato alla porta”, “La famiglia Morel”, D’ Errico scrive straordinarie raccolte di novelle, come “Parabole”, “Da liberati”, “Noi due disarmati”. Sono tra le cose migliori che vedono la luce alla fine degli anni Trenta, attraversate come sono da un elegantissimo surrealismo grottesco e da un’ irrefrenabile ansia metafisica.

Da questo ricchissimo humus narrativo nasce il D’ Errico drammaturgo, quello che a 64 anni suonati rinnega tutta la sua produzione teatrale precedente, i drammi borghesi che tanto piacevano al pubblico, per tentare, sotto l’influsso di Beckett, di Camus e di Jonesco, la via della sperimentazione, del vero teatro d’ avanguardia.

È questo il vero D’ Errico di statura europea, l’autore dei dieci testi raccolti sotto il titolo “Teatro dell’ assurdo”. Ma proprio quando D’ Errico si cimenta in qualcosa di veramente nuovo, sconcertante, i teatri italiani gli chiudono le porte. Il successo però gli arride all’estero (in Germania, in Austria, in Svizzera, in Francia, a Buenos Aires) dove dal critico Martin Esslin viene accostato ai grandi del tempo: Beckett, Jonesco, Genet, Arrabal, Tardien, Vian e Buzzati.

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